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Diario
25 ottobre 2006
LA LUNA E IL SUO BARDO - CAPITOLO 5
Ormai aveva deciso: sarebbe morta impiccandosi agli anelli di Saturno. La tristezza mortale che l’aveva sopraffatta dal giorno della scomparsa dell’amato menestrello non le lasciava più scampo. Non riusciva neppure più a chiedersi che cosa avrebbero fatto gli uomini senza di lei, che cosa ne sarebbe stato delle maree, delle piante che crescevano rigogliose al suo calare e gettavano sementi al suo crescere, dei poeti e degli innamorati, dell’armonia dell’universo: nulla, nulla più le importava, e a nulla riusciva più a pensare, se non alla sua vita diventata inutile senza il suo amato. Aspettò pazientemente le notti in cui gli uomini non la potevano vedere, affinché nessuno la potesse fermare nell’attuazione del suo proposito. Furono giorni e notti d’angoscia, di dolore insopportabile; solo quando il suo corpo cominciò a ridursi a una falce sottile si fece un po’ meno triste, vedendo ormai vicino il momento della liberazione dal suo immenso dolore. E finalmente il giorno venne. Piano piano, senza che nessuno, a tutta prima, se ne accorgesse, cominciò a mutare la sua orbita e a dirigersi verso i confini del sistema solare, verso il lontano Saturno. Verso la fine del primo giorno cominciò a scorgerlo, ancora lontanissimo. Accelerò la sua corsa, per poterlo raggiungere prima che gli uomini notassero la sua assenza lassù nel cielo notturno, e alla fine del secondo giorno poteva già vederlo in modo più distinto. Pur stanca di quel viaggio inconsueto, mai percorso dal giorno della creazione del mondo, accelerò ancora e alla fine del terzo giorno giunse finalmente alla meta. Esausta per quella folle corsa, si fermò un momento per riprendere fiato. Si volse, per guardare per un’ultima volta l’universo che si accingeva a lasciare per sempre, e sospirò: era bello, l’universo! Quale armonia nel ruotare di tutte quelle infinite sfere! Quanta dolcezza nella musica che ne scaturiva! Con quanta grazia gli astri danzavano la loro eterna danza! Sospirò ancora: tutto questo, ormai, per lei non aveva più alcun significato: nessuna bellezza, nessuna armonia poteva più indurla a fermarsi. Rivolse un ultimo pensiero al suo amore perduto, gli chiese perdono per non avergli rivelato prima il sentimento che riempiva e lacerava il suo cuore, infilò il tenero collo nell’anello che più le stava vicino e si lasciò andare: solo pochi istanti e il suo collo si sarebbe spezzato e la fine sarebbe arrivata. In quell’istante una mano possente la trattenne, e una voce tonante gridò: “Fermati! Colui che tu piangi è vivo!” La Luna ricadde svenuta fra le braccia del nuovo venuto, che delicatamente la adagiò sulla superficie del gelido pianeta e iniziò ad alitarle piano sul viso, per farla a poco a poco rinvenire.
(E ricordiamo)
barbara
| inviato da il 25/10/2006 alle 1:27 | |
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